La storia della bicicletta in 5 minuti

Il 12 giugno 1817 veniva inventata la draisina, l’antenata della bicicletta. Che cosa è cambiato in questi due secoli? Ripercorriamo la fantastica storia della bicicletta in cinque minuti.

Duecento anni fa, il 12 giugno 1817, il barone Karl Von Drais attraversò le vie di Mannheim su di un veicolo a due ruote suscitando lo stupore dei suoi concittadini. Quello strano velocipede non aveva ancora pedali e catena e prese il suo nome: draisina.

La storia del velocipede comincia quel giorno di duecento anni fa, anche se sarebbe meglio parlare di proto-bicicletta: per arrivare alla bicicletta vera e propria, quella con i pedali, bisogna attendere la metà degli anni Sessanta del XIX secolo.

I velocipedi con pedali e pedivelle fissati alla ruotona anteriore sono delle macchine bizzarre che pesano fino a 45 chilogrammi. I cerchi di legno rivestiti in ferro dei primi velocipedi vengono sostituiti da copertoni di gomma solida e i pionieri delle due ruote devono imparare a pilotare enormi ruotone con un metro e mezzo di diametro.

La prima bicicletta con una forma simile a quella attuale (due ruote di dimensioni uguali, pedali e trasmissione a catena) è la Rover, ideata da John K. Starley e migliorata quattro anni dopo con l’invenzione dello pneumatico di John Boyd Dunlop.

Nell’ultimo decennio dell’Ottocento e nel primo del Novecento nascono molte delle gare ciclistiche che, oltre a contribuire alla leggenda dello sport del pedale, diventano il campo di sperimentazione delle nuove tecnologie. La bicicletta con cui Luigi Ganna vince il primo Giro d’Italia nel 1909 pesa 15 chilogrammi e ha un solo rapporto, il 46×19 che sviluppa 5,17 metri per pedalata.

Storia della bici: il cambio

Sono due i fronti sui quali si combatte la battaglia dell’evoluzione tecnologica: il cambio e la leggerezza. Negli anni Venti arriva il mozzo “flip flop” che consente di avere un secondo pignone girando la ruota. Per cambiare il ciclista deve scendere dalla bicicletta e girare la ruota. Quest’innovazione dà la possibilità di avere un rapporto per la pianura e un rapporto per le salite.

Il passo successivo è quello compiuto da Tullio Campagnolo che nel 1930 brevetta il cambio Torpedo inserito nel mozzo: anche se più rapido rispetto al “flip flop”, il cambio Campagnolo richiede di scendere dalla bicicletta. È solo questione di tempo: sempre negli anni Trenta Campagnolo inventa il Vittoria che viene manovrato da due palette fissate sul fodero verticale destro del telaio.

Negli anni Quaranta il Simplex porta le leve sul tubo obliquo, posizione nella quale restano fino alla metà degli anni Ottanta, quando sul mercato di tutto il mondo arriva la rivoluzione di Shimano che porta il cambio sulle leve dei freni. Difficile migliorare le performance ottenute grazie ai cambi della casa giapponese, ma la ricerca continua con i cambi elettronici con impulso via Bluetooth.

Storia della bici: telaio e componenti

Per quanto riguarda la telaistica, il ferro viene abbandonato quasi subito: già nel 1868 si opta per telai e forcelle forgiati in acciaio. Negli anni Settanta e negli anni Ottanta l’avanguardia delle telaistica cerca nuove soluzioni sia per quanto riguarda le geometrie e la sezione dei tubi, sia per tutto ciò che concerne l’utilizzo dei materiali. Negli anni Novanta si diffondono i telai in alluminio, mentre nel decennio successivo si diffondo i telai in carbonio che – grazie alla massiccia produzione asiatica – diventano abbordabili anche per i cicloamatori.

La corsa alla leggerezza è talmente esasperata che l’Uci si trova costretta a porre un freno alla riduzione del peso: attualmente una bicicletta che pesi meno di 6,8 kg è “fuorilegge” e non può essere utilizzata in gara.

Per quanto riguarda la componentistica, le due rivoluzioni più importanti sono quelle che riguardano i pedali (con il passaggio dai cinghietti allo sgancio rapido Look negli anni Ottanta), le ruote (con l’aumento del profilo del cerchio e l’invenzione delle lenticolari per le prove a cronometro), i manubri (con le protesi da triathlon utilizzate per migliorare l’aerodinamica nelle cronometro) e i freni (con la recente e controversa “invenzione” dei freni a disco).

Cosa accadrà in futuro? Le biciclette diventeranno sempre più smart e le e-bike – riducendo il peso delle batterie e ottimizzandone durata e performance – daranno la possibilità, anche ai meno allenati, di affrontare percorsi e salite fino a oggi proibitivi.

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Giornalista e ciclista, è riuscito a far convivere le sue due passioni scrivendo di bici per numerose testate, fra cui "Ciclismo" e "L'Unità". Colleziona colli alpini ed è sempre a caccia di nuovi itinerari fra Italia, Francia e Portogallo. Ha pubblicato diversi libri fra cui "Storia del ciclismo" e "Grimpeur".
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