Salite da scoprire: Alpe d’Huez

Alpe d'Huez - Come scalarla in bici

Non c’è nessun altro sport che sia così legato ai propri luoghi e alla propria storia come il ciclismo. Una piscina, una pista di tartan, un campo di erba appena tagliata sono luoghi perimetrati e rassicuranti. La strada, invece, non ha niente di rassicurante. È aperta a ogni genere di insidia, compresa la follia dei tifosi che cercano i loro quindici secondi di visibilità ostentando in mondovisione la loro breve corsa idiota a fianco dei ciclisti.

Una piscina, una pista di tartan, un campo di erba appena tagliata si possono confondere, ma le salite no davvero. E fra le salite inconfondibili e indimenticabili c’è di sicuro l’Alpe d’Huez.

Quando ero ragazzo la tappa dell’Alpe d’Huez del Tour de France era uno degli appuntamenti che aspettavo con maggiore ansia. Quei tornanti in salita mi facevano sognare. Nel 1997, all’epoca ventunenne, sono partito alla mattina presto e l’ho scalata con un gruppo di over 50 arrivati dai Paesi Baschi francesi e incontrati per strada. Ricordo che uno di loro mi disse che dalle loro parti c’erano salite con pendenze molto più impegnative di quelle sulle quali stavamo pedalando.

Il 28 agosto 1997 ho affrontato per la prima volta l’Alpe d’Huez in sella alla mia Sannino. Eccomi al tornante numero 6

La seconda volta che ho scalato l’Alpe d’Huez l’ho fatto in un modo improprio, durante una trasferta di lavoro. Perché improprio? Perché non avevo alcun equipaggiamento da ciclista con me, ma quando mi sono trovato lì, non mi sono fatto sfuggire l’occasione di ripetere l’esperienza. Ho affittato una bicicletta da corsa con i pedali con i cinghietti, ci ho infilato dentro le mie scarpe da ginnastica e sono salito in un’ora e 40 minuti. Non si fa, lo so. È stato bello, ne ho pagato il prezzo con il mal di gambe.

Sabato 3 luglio 2010 ho scalato l’Alpe d’Huez al termine della Randonnée Marmotte. Qui sono all’ingresso del centro abitato della località dell’Oisans

Nel 2010 l’ho fatta una terza volta, nella seconda giornata della Randonnée Marmotte. Sono arrivato ai piedi della salita poco prima di mezzogiorno, con il Galibier nelle gambe e il sole a picco a cuocere me e i miei compagni di avventura.

In tutte e tre le occasioni non ho mai sentito la fatica. Non voglio spacciarmi per superciclista perché superciclista davvero non lo sono, ma ci tengo a sottolineare che la durezza di questa salita di 13,8 km all’8,1% di pendenza media è alleviata da alcuni caratteristiche che ne facilitano l’ascesa, quantomeno dal punto di vista psicologico.

Innanzitutto ci sono i tornanti, i 21 lacets che dai 726 metri di Le Bourg d’Oisans conducono fino ai 1850 metri di Avenue du Rif Nel, punto in cui solitamente si concludono le tappe del Tour de France. A differenza di altre salite, qui i tornanti sono pianeggianti e consentono di respirare e rilanciare l’azione. Sono numerati e dedicati a coloro che si sono imposti nelle tappe del Tour de France.

C’è, poi, la larghezza della strada a regalare agli scalatori l’illusione ottica di una salita più abbordabile: la fatica è la stessa, solo che spaventa e si sente un po’ meno. Si pedala sulle scritte lasciate dai tifosi durante i passaggi della Grande Boucle e questa “lettura” ti proietta per un attimo in una realtà trascendente popolata da quei fuoriclasse che all’Alpe d’Huez hanno vinto: Fausto Coppi (primo in vetta nel 1952), Hennie Kuiper (1977 e 1978), Joop Zoetemelk (1976 e 1979), Gianni Bugno (1990 e 1991) e Marco Pantani (1995 e 1997) su tutti.

È la storia a fare di questa striscia d’asfalto nata per portare in quota gli sciatori un luogo sacro del pedale. L’Alpe d’Huez sta alla bicicletta come Santiago de Compostela sta al cammino. E come accade nei Paesi Baschi, in Cantabria, nelle Asturie e in Galizia, anche sull’ascesa dell’Oisans le gambe fanno il loro dovere in una babele multiculturale.

Gli olandesi, per esempio, arrivano a migliaia ogni anno. Gli otto successi ottenuti dai tulipani fra il 1976 e il 1989 hanno fatto per la località d’Oltralpe più di quanto avrebbe potuto fare il migliore degli uffici turistici.

Uno dei caratteristici tornanti “pianeggianti” dell’Alpe d’Huez

E anche se ultimamente la presenza della salita nel percorso del Tour è meno frequente rispetto agli anni Settanta, Ottanta e Novanta decine di migliaia di cicloturisti e cicloamatori arrivano ogni primavera, estate e autunno per mettere nel loro curriculum questa impresa indimenticabile.

Per chi è più preparato e vuole confrontarsi con gli altri scalatori le occasioni non mancano: dalla Granfondo Marmotte (che si può anche spezzare in due giorni con la formula Randonnée) alla pura e semplice Grimpée di 13 km.

Da maggio a settembre, Alpe d’Huez Tourisme fornisce ai ciclisti che portano a termine i 21 tornanti un diploma della salita (sia che la si faccia a piedi, sia che la si compia in bicicletta). Il diploma costa 1 euro, cifra che viene devoluta in beneficienza. Secondo i dati di Bike Oisans sono stati 59.932 i ciclisti che hanno completato la salita dal 1° gennaio al 13 settembre 2017.

Il record di scalata, imbattuto da vent’anni, appartiene a Marco Pantani che nel 1997 fermò i cronometri a 37’35” (equivalenti a una velocità media di 23,08 km/h).

L’inizio della salita è di quelli tosti: 10,2% il primo chilometro e 10% il secondo. Giunti a La Garde-en-Oisans la pendenza media si attenua con tre frazioni chilometriche all’8,5%, al 9% e all’8%. Il settimo chilometro ha una pendenza media del 9,5% ed è seguito da un chilometro all’8% e dal successivo al 6,5%.

Superato Huez Village arriva il chilometro più impegnativo di tutta l’ascesa: il decimo. Qui la pendenza media è dell’11,5%, bisogna ricorrere ai rapporti più agili e dosare le sforzo per finire in brillantezza.

Il quartultimo chilometro è al 9% e conduce all’ingresso del paese. Qui solitamente si trova un fotografo di Photobreton che ritrae i ciclisti e consegna un talloncino con cui è possibile frasi inviare la foto in formato digitale. La pendenza media degli ultimi 2800 metri è di poco superiore al 5%.

La Marmotte Alpes si disputa tradizionalmente il primo sabato di luglio

Concludiamo con un’altra annotazione tutt’altro che trascurabile: il clima. L’esposizione a mezzogiorno e la particolarità dei primi 10 km di ascesa totalmente protetti dal vento consentono di scalare l’Alpe d’Huez da aprile a dicembre (salvo precoci nevicate). In estate il consiglio è di affrontarla nelle prime ore del mattino o nel tardo pomeriggio, questo perché nelle ore centrali della giornata le temperature sono particolarmente elevate.

Se avete fatto una buona estate e non siete troppo distanti dal confine italo-francese avete ancora una decina di settimane per poter conquistare i 21 lacets più famosi del mondo!

Foto | Bike Oisans | PhotoBreton | Pierluigi Mazzocco

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Giornalista e ciclista, è riuscito a far convivere le sue due passioni scrivendo di bici per numerose testate, fra cui "Ciclismo" e "L'Unità". Colleziona colli alpini ed è sempre a caccia di nuovi itinerari fra Italia, Francia e Portogallo. Ha pubblicato diversi libri fra cui "Storia del ciclismo" e "Grimpeur".
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