Malafesta Juve, le finali bianconere nella Coppa più ambita
Il libro curato da Luca Rolandi racconta il controverso rapporto fra i bianconeri e il massimo trofeo continentale per club
Malafesta Juve è uscito giusto in tempo per il Salone del Libro di Torino, a poco meno di un anno dalla bruciante sconfitta di Cardiff. Il giornalista e scrittore Luca Rolandi ha deciso di orchestrare un racconto polifonico delle finali della Juventus in Coppa Campioni e in Champions League.
È un sfida notevole quella di Rolandi e di Bradipolibri perché porta in libreria un rapporto molto controverso, quello fra la più forte squadra italiana (capace di vincere gli ultimi sette scudetti e le ultime quattro Coppe Italia ) e il più importante trofeo continentale.
Malafesta Juve racconta “l’attesa, le scaramanzie, la preparazione, l’ansia che consuma e infine la partita che per 7 volte su 9 ha voluto dire cocente delusione. La sensazione di fallimento che le altre squadre italiane hanno nei confronti della Juventus, capace di sovvertire pronostici e approfittare del crollo degli avversari sul traguardo è la stessa che i bianconeri vivono in campo europeo. Per la Juventus vincente in campionato accade il contrario in Champions e questo libro lo racconta attraverso la narrazione delle finali maledette perché quando il banchetto è pronto, il tavolo imbandito, gli invitati sulla soglia di casa, ecco che accade ciò che si ripete da oltre quarant’anni; le maglie bianconere, indossate da giovani calciatori o affermati campioni, sono come ipnotizzate di fronte a squadroni epici della élite continentale del calcio o a compagini nettamente inferiori, e si fermano a un passo dal traguardo”.
Secondo Rolandi per comprendere perché il bilancio delle finali bianconere sia di due vittorie (1985 e 1996) e sette sconfitte (1973, 1983, 1997, 1998, 2003, 2015 e 2017) “ci vorrebbe uno psicologo o uno psicoterapeuta, addirittura un esorcista, uno sciamano della pelota, qualcuno che cerchi di allontanare un malocchio che imperversa da tempo nella vita della Vecchia Signora del calcio italiano”.
Nove finali, dieci firme. Luca Beatrice e Italo Cucci ci portano a Belgrado, a quella prima finale di Coppa dei Campioni del 1973 persa con l’Ajax, con un gol di Rep al 4’. La sconfitta arriva contro la squadra più forte dell’epoca, quella che farà da spina dorsale all’Olanda vice-campione del mondo nel 1974 e nel 1978.
A fare ancora più male è la sconfitta di Atene, dieci anni dopo. La Juventus gioca la finale con sei campioni del mondo in campo e là davanti ha due stelle come Platini e Boniek, ma al 9’ Magath dello sfavoritissimo Amburgo gela gli juventini con un gol che non verrà più recuperato. A raccontarla è Roberto Beccantini.
A Francesco Caremani spetta il racconto più complesso quello di una gioia soffocata da un tragedia: la prima vittoria in Coppa dei Campioni nella notte dell’Heysel. Nello stadio di Bruxelles gli scontri provocati dagli hooligan del Liverpool causarono la morte di 39 persone. L’UEFA, le federazioni italiana, inglese e belga, il Ministero dell’Interno, il sindaco e la polizia della città decisero di far giocare ugualmente il match che fu deciso al 58° minuto da un rigore segnato da Platini.
La seconda vittoria è raccontata da Salvatore Lo Presti. Nel 1996, undici anni dopo il primo successo, la Juventus vince ai rigori superando l’Ajax. Fino a quel momento, dunque, nulla di strano: due vittorie e due sconfitte.
È dopo la notte romana che la nikefobia si cronicizza e diventa una costante delle finali juventine. Nel 1997 e nel 1998 la Juventus perde al cospetto del Borussia Dortmund degli ex Kohler, Sousa e Moeller e del Real Madrid di Raul e Seedorf. Le due sconfitte dell’era Lippi sono raccontate da Darwin Pastorin e Michele Ruggiero.
Paolo Accossato racconta il derby italiano del 2003. La Juventus parte ancora una volta da favorita ma sbatte contro il Milan di Ancelotti, signore di Coppa. Ai calci di rigore gli errori di Zalayeta, Montero e Trezeguet sono fatali.
Per una nuova finale bisogna attendere dodici anni. Filippo Bonsignore racconta la finale di Berlino del 2015 contro il Barcellona dei record di Messi, Suarez e Neymar. Un’altra volta un gol nei primi minuti: Rakitic al 4’. Morata pareggia al 10’, poi segnano Suarez e Neymar (52’).
L’ultima delusione è raccontata da Maurizio Crosetti. A Cardiff arriva una Juventus galvanizzata dal sesto scudetto consecutivo e da un fase a eliminazione diretta in cui ha fatto capitolare Porto, Barcellona e Monaco. Dopo un primo tempo alla pari il Real Madrid cala i suoi assi e vince la dodicesima Champions League per 4 a 1. Per la Juventus è la quinta sconfitta consecutiva, davvero una nikefobia patologica.
Nell’epilogo della sua introduzione Luca Rolandi auspica che arrivi, prima o poi, una vittoria netta, ottenuta nei 90 minuti e senza una tragedia a oscurare il successo, questo perché “non c’è nulla nell’inconscio del tifoso juventino di più ambito e desiderabile. Quel sogno un giorno si realizzerà e sarà speciale forse più dei tanti scudetti e coppe già assegnate, più importante addirittura di uno dei quattro titoli mondiali conquistati grazie anche e soprattutto al contributo di calciatori bianconeri. Serve una vittoria nitida, un 2-0 classico, senza polemiche e repliche, un successo a tutto tondo che chiuderebbe un cerchio ancora aperto, ferite mai rimarginate, orizzonti mai definitivamente raggiunti. Nessuno spera di realizzare record, doppiette o triplette, solo agguantare, finalmente, il traguardo più ambito. L’estremo gesto di liberazione e apoteosi sportiva per la Vecchia Signora del calcio italiano alla quale manca ancora una vittoria. Quella vittoria… Riportare a Torino quel dannato portaombrelli per porre fine alla sindrome da Malafesta”.
Lunedì 21 maggio, alle ore 18, Malafesta Juve verrà presentato al Circolo dei lettori di Torino.
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