La Fausto Coppi 2019: il reportage dalla corsa
Davide Mazzocco ci racconta la sua mediofondo e tutto quello che è successo nel weekend dedicato al Centenario del Campionissimo di Castellania
Mancavano quattro minuti alle 14 quando, ieri, ho tagliato il traguardo di Piazza Galimberti, a Cuneo. Ho portato a termine la Mediofondo de La Fausto Coppi, una delle granfondo più antiche e più impegnative del calendario internazionale. È stato un giorno davvero bellissimo, di grande fatica e di grande soddisfazione, nel nome del più grande sportivo italiano di tutti i tempi e del ciclista che spartisce con Eddy Merckx il trono del miglior ciclista di sempre.
Negli anni dell’adolescenza e della giovinezza ho sempre ascoltato con ammirazione i racconti di chi prendeva parte alla Fausto Coppi. Un’ammirazione che è rimasta intatta anche quando ho iniziato a seguire la manifestazione da giornalista. Stavolta ci ho messo le gambe e la testa, sono arrivato in fondo e vi racconto com’è andata.
La Fausto Coppi 2019: la mia mediofondo
Una gara come La Fausto Coppi incute sempre timore, specialmente se non l’hai mai disputata. Il dislivello del percorso di mediofondo – 2510 metri – è superiore a quello di tante granfondo e il Fauniera è una sorta di esame di laurea per i grimpeur.
Sono arrivato alla partenza una ventina di minuti prima del via. In quel tempo dilatato, con lo straniamento della musica a palla nell’alba del tranquillo capoluogo della Granda, ho scambiato quattro chiacchiere con Vidar Petterson, collega norvegese, direttore della rivista Gruppetto.
Alle 7 in punto è stato dato il via. Superato il Viadotto Soleri, i granfondisti hanno voltato verso sinistra, mentre noi mediofondisti abbiamo puntato diritti verso la Val Grana. L’andatura è stata sostenuta sin dai primi chilometri: fino a Caraglio la media oraria è stata di 40 km/h, sono riuscito a stare nella prima parte del gruppo. Quando è iniziato il falsopiano in salita che conduce sino agli 822 metri di Pradleves ho preferito lasciarmi sfilare. Sin da ragazzo sono sempre stato un “diesel”: i cambi di ritmo non fanno per me, specialmente nei primi 30-40 km di gara.
L’andatura è stata comunque brillante fino al paese in cui inizia la salita vera e propria al Colle Fauniera.
Qui il gruppo ha preso ad allungarsi e la mediofondo si è trasformata in un corpo a corpo con la salita che ha reso ininfluente qualsiasi scia. Dopo i primi 5 km di ascesa al 4%, la salita ha iniziato a inerpicarsi con pendenze sempre più consistenti: fino a Campolino l’8%, dopo questa località il 10%. Ho mangiato una barretta e ho iniziato a bere per non ritrovarmi disidratato su di una salita così lunga ed esigente.
Sono giunto in buone condizioni sino al tratto più duro dell’intera salita: il segmento di 700 metri al 13% di pendenza media e con una massima del 16% che precede la frazione Chiotti. Qui in gruppo si sono palesati i primi evidenti segni della fatica, ma nulla in confronto a quello che ho visto successivamente.
L’arrivo ai 1750 metri del Santuario di San Magno è stato un vero toccasana. Messi alle spalle i primi 40 km in due ore e 15 minuti, dopo essermi abbondantemente reidratato e avere mangiato un po’ di frutta sono ripartito. Tre chilometri dopo il santuario ho iniziato a sentire un principio di crampo nei vasti mediali. Prima che la situazione degenerasse, rendendo ancora più complicata la salita, sono sceso dalla bicicletta e ho proseguito per un breve tratto a piedi. Davanti a me, sul lungo rettilineo al 10% che porta verso Gias Fauniera, ho notato una dozzina di ciclisti a piedi, vittime del mio stesso problema.
Su di un tratto con pendenze meno consistenti sono risalito in sella e ho proseguito con cautela, evitando di spingere nella posizione en danseuse che prediligo, ma che favorisce l’insorgenza dei crampi.
Quando mi sono fermato al Gias Fauniera per rabboccare la mia borraccia, ho visto, poco più a monte, un ciclista uscire dalla sede stradale e ruzzolare nel prato antistante. Tutto questo in salita! L’uomo, annebbiato dalla fatica, è stato aiutato a rimontare in sella da un altro ciclista.
Superato un altro tratto al 16%, negli ultimi tre chilometri la strada si è fatta relativamente più facile, con una pendenza media intorno al 9%.
Nel chilometro e mezzo che separa il Colle Esischie dal Fauniera sono stato incitato da molta gente. Potrà sembrare strano e retorico, ma essere spronati in un momento di così grande fatica fisica è davvero un grande aiuto. Resi temporaneamente più fragili dallo sforzo e in balia dell’esame al quale la Natura ci pone di fronte, il conforto di altri esseri umani ci ricorda che stiamo facendo qualcosa di davvero importante e bello. Inoltre, sulla bilancia della stima dei supporter, il primo vale quanto l’ultimo.
Finalmente sono in cima al Colle Fauniera, quattro ore nette dopo la partenza. Mi rifocillo, mi reidrato, mi faccio scattare alcune fotografie davanti al monumento che ricorda l’incredibile scalata di Marco Pantani al Giro d’Italia di vent’anni fa.
Inizio la discesa con la massima cautela. Il panorama della Val d’Arma è semplicemente magnifico, ma occorre rimanere concentrati sulla strada. Nei primi chilometri si è sempre in curva e la velocità non supera mai i 30 km/h. Davvero una discesa molto tecnica, nella quale la bici non può raggiungere alte velocità e in cui occorre mantenere alta la concentrazione per circa 45 minuti.
È questo il momento di fare un plauso agli organizzatori. Da ciclista sono due le cose che ho apprezzato maggiormente: i rifornimenti sulle salite e la messa in sicurezza delle discese. Sia sul Fauniera che sulla Madonna del Coletto, infatti, gli organizzatori de La Fausto Coppi non si sono limitati al rifornimento in vetta, ma hanno messo dei punti acqua con i sali minerali e qualche alimento anche nei segmenti intermedi delle ascese (tre sul Fauniera, uno a metà della Madonna del Colletto). In discesa volontari o forze dell’ordine hanno presidiato i punti più critici. Le curve più difficili e i tratti più critici delle discese sono stati segnalati in anticipo con cartelli e segnali. In un tratto del Fauniera sono stati posti dei materassi a scopo precauzionale. Davvero un ottimo lavoro quello fatto sulla sicurezza, frutto di un’esperienza ormai ultratrentennale.
Torniamo alla cronaca. Conclusa la discesa e dopo essermi messo alle spalle Demonte, mi sono accodato per qualche chilometro a due ciclisti impegnati nella granfondo che mi hanno portato fino ai piedi della seconda salita di giornata ad alta velocità.
Sono arrivato ai piedi della Madonna del Colletto con una buona condizione, ma ho preferito affrontare i suoi primi chilometri in agilità. Nei primi due chilometri la pendenza media è del 7,2%, ma nel terzo chilometro la pendenza media è del 9,9% con una punta del 13% in prossimità della Borgata Baut.
Qui ho fatto una sosta e mi sono reidratato un’altra volta. Sulla salita ho trovato parecchi ciclisti affaticati, ingobbiti sulla bicicletta, fermi sotto un albero a riposare. La salita della Madonna del Colletto è lunga 7,3 km con una pendenza media dell’8%, nulla di trascendentale se non fosse che arriva dopo la prolungata fatica del Fauniera e una lunga ora di discesa. A rendere l’ascesa più dolce è l’ombra che accompagna i ciclisti fino ai 1305 metri della cima.
A un paio di chilometri dalla vetta mi fermo nuovamente. Come già accaduto sul Fauniera sento il sopraggiungere dei crampi. Nonostante la continua reidratazione e l’integrazione con i sali minerali l’affaticamento muscolare si fa sentire. Gli ultimi cinquecento metri di salita sembrano non finire mai. In vetta mi fermo qualche minuto per un ultimo ristoro e poi mi lancio nella discesa che porta a Valdieri.
La discesa della Madonna del Colletto è un mix di tratti tecnici e veloci rettilinei, la affronto con la dovuta cautela e mi riporto sulla SP22. In prossimità del cartello che indica i 20 km dal termine mi aggancio a un gruppo lanciato ad alta velocità. Nel falsopiano che conduce verso Roccavione, Borgo San Dalmazzo e Cuneo rimango passivo a ruota e sfrutto il lavoro dei ciclisti che stanno concludendo la granfondo. La velocità si mantiene costantemente al di sopra dei 42 km/h con punte di 56 km/h. In poco meno di mezz’ora – quindi a una media di circa 45 km/h – siamo a Cuneo. A poche centinaia di metri dal traguardo mi rialzo, in quel momento lo speaker annuncia la vittoria della granfondo di Monica Bonfanti.
Io chiudo in 6 ore 56 minuti e 5 secondi, a una media di 16 km/h, 1394esimo (su 1503) nella generale della mediofondo, 175esimo nella categoria M3. Taglio il traguardo 3 ore 18 minuti e 44 secondi dopo il vincitore Pietro Castellino e 3 ore 20 minuti e 3 secondi prima dell’ultimo arrivato. Queste le fredde statistiche, quanto all’emozione, quella non ha metriche adeguate.
La Fausto Coppi 2019: i verdetti della granfondo e della mediofondo
Sono stati 2800 i partecipanti della Granfondo La Fausto Coppi 2019, nuovo record per la manifestazione giunta quest’anno alla trentaduesima edizione. L’evento principe è stato vinto da Riccardo Picchetta, portacolori del SC Vigor Cycling Team, mentre Pietro Castellino del ASD La Veloboves ha tagliato per primo il traguardo nella Mediofondo. Per quanto guarda riguarda le donne, la gara lunga è stata vinta da Monica Bonfanti del team Rodman Azimut Squadra Corse, mentre la media da Annalisa Prato del Team De Rosa Santini.
La Fausto Coppi 2019: gli eventi collaterali
Numerose le manifestazioni parallele nel weekend della corsa: nel pomeriggio di sabato in comune a Cuneo erano state accolte le delegazioni diplomatiche di Olanda, Ungheria, Cile, Danimarca e Austria ed alle 17 ha avuto luogo la suggestiva Cerimonia delle Nazioni, aperta dall’Ambasciatore Olandese in Italia, Joost Flamand, paese gemellato con l’edizione numero 32 de La Fausto Coppi Officine Mattio. All’Olanda era anche dedicata la #Cuneoinbici, la pedalata non competitiva che si è tenuta sabato pomeriggio. Sono state ben 37 le nazioni straniere con almeno un ciclista in gara (un partecipante è arrivato addirittura dalla Nuova Zelanda).
Oltre alle prove di Granfondo e Mediofondo, sul tracciato da 111 km hanno pedalato anche le e-bike. All’enogastronomia locale è stata dedicata la Mangia & Pedala.
Foto © Davide Mazzocco, Ufficio stampa Fausto Coppi (Laura Atzeni) ed Endu