Cattivi maestri in cattive palestre: quando lo sport può far male
Diverse categorie di persone frequentano le palestre: ci sono quelli che alla vigilia della prova costume, o dopo periodi di abbuffate, alla vista dei “rotolini”, tentano di correre ai ripari autoinfliggendosi un massacro muscolare che nemmeno i marines; ci sono poi quelli che ai rotolini hanno dichiarato guerra preventiva permanente, i forzati del fitness a tempo indeterminato che conciliano sudore e lavoro, svegliandosi all’alba o ritirandosi a notte fonda (nelle grandi città le palestre H24 sono il boom del momento); a questi si aggiungano i “rambi” (e le rambe) che mirano a sfoggiare una muscolatura da supereroe. Per finire troviamo quelli a cui il medico ha consigliato di fare attività fisica (di solito persone dalla mezza età in su) convinti che il movimento, comunque lo si faccia, faccia bene.
Questo esercito di attivi, permanenti o stagionali, ha fatto sì che la richiesta di fitness sia aumentata negli ultimi decenni in maniera esponenziale, aumentando parallelamente il numero di palestre, che nascono ogni giorno come funghi e si fanno concorrenza a colpi di promozioni. A tutto ciò corrisponde, ovviamente, una richiesta sempre crescente di istruttori sportivi. E allora, God save the fitness! che ha fatto e fa per la nostra occupazione molto più dei ministri preposti. Tanto entusiasmo è però destinato a ridimensionarsi quando in palestra riconosci nell’istruttrice di spinning, la tua vecchia estetista. Ovviamente l’esperta del bulbo pilifero potrebbe nel frattempo essersi dedicata allo studio delle Scienze Motorie, ma le sue parole trasudano indizi che raccontano un’altra storia.
Questo succede perché la richiesta crescente di istruttori, ha fatto sì che la strada per arrivare a diventarlo, si sia accorciata in maniera direttamente proporzionale alla richiesta. Basta dare una sbirciatina al web, dove si trovano corsi della durata anche di un solo weekend, che danno accesso all’insegnamento di qualsiasi disciplina, con tanto di attestato ufficiale riconosciuto dalla Federazione di competenza. Detto in altre parole, puoi svegliarti il sabato mattina, magari nemmeno troppo “studiato”, e ritirarti la domenica sera con in tasca la licenza, se non di uccidere, di fare molto male. Soprattutto quando ti trovi di fronte ad allievi poco informati se non addirittura conniventi, ossia quelli che alla disinformazione uniscono lo sprezzo per la sicurezza, pur di esibire un fisico asciutto e tonico, oppure muscoli alla Schwarzengger (e qui, non vogliatecene maschietti, ma quelle urla disumane che emettete al sollevare il bilanciere, potevano esser sexy per le donne delle caverne ma non per quelle del XXI secolo).
I danni “da palestra”: la parola al dottore
Per capire quanto questa formazione lampo degli istruttori incida negativamente sulla salute pubblica, ci siamo rivolti al Dott. Arturo Guarino*, direttore della Struttura Complessa di Traumatologia dello Sport all’Istituto Gaetano Pini di Milano.
Quante persone arrivano da voi con danni da palestra? Non facciamo riferimento solo a vittime di traumi, ma anche a chi ha portato avanti una pratica sbagliata in modo continuativo oppure ha fatto qualcosa che non poteva fare in base alla propria morfologia?
“Nei nostri ambulatori mediamente un buon 5%-10% della popolazione si presenta per errori effettuati nell’ambito di ginnastica, sia ricreativa, che di tipo curativo. Questo non sempre è imputabile a chi li segue, ma è anche legato a delle attività fatte in maniera autodidatta. Un esempio eclatante è la gente che si sveglia in procinto di vacanze e dice ‘Adesso vediamo di metterci un po’ a posto’ e inizia a correre su terreni non opportuni tipo l’asfalto, e senza avere idea di quale sia una calzatura adatta, e ancora peggio, senza nozioni circa le tempistiche con le quali dedicarsi a un certo tipo di attività. Durante la corsa bisogna ogni tanto fermarsi e dedicare qualche minuto allo stretching (allungamento ideale del muscolo), senza sottoporlo a degli stress eccessivi. Spesso le persone sono già affette da fenomeni degenerativi a carico delle articolazioni portanti (anca, ginocchio, tibio-tarsica), e non sanno che questa ripetitività del gesto a mo’ di tamburo sull’asfalto, va a scaricarsi sulle articolazioni. Chi ha già un menisco parzialmente lesionato, un ginocchio valgo o varo, con un sovraccarico mono-compartimentale va incontro a problematiche ulteriori”.
Parliamo solo di palestre. Quali patologie riscontrate più facilmente tra questi pazienti?
“Il primo distretto particolarmente coinvolto da pratiche ginniche non opportune è la colonna lombo-sacrale. Tutto ciò che sottopone una colonna già predisposta, per discopatie o contusioni discali ad azioni compressive tipo salti, balzi, raggiungimento di pedane in alto, step e quant’altro, possono indubbiamente creare i presupposti perché possa insorgere un’ernia discale, trattabile con steroidi o intervento chirurgico. Altra problematica è l’utilizzo di attrezzature da palestra che possono generare carichi lavorativi incongrui, inducendo delle piccole lesioni o dei processi infiammatori cronici a carico della cuffia dei rotatori, motore tendineo della spalla”.
Quanta colpa hanno in questo istruttori poco qualificati o con un approccio sbagliato all’attività fisica?
“Capita di trovare in diverse palestre, personale addetto ai lavori molto spesso poco qualificato, un po’ improvvisato e talvolta, quello che è più grave, molto presuntuoso, nel senso che, armati di un’infarinatura di cultura sportiva, pensano di poter estendere tutto a tutti. Sono istruttori che hanno piacere se vedono il proprio adepto che suda e lo spingono a perseverare. Questo discorso, oggi come oggi, considerando che in palestra vanno persone che magari tutto il giorno stanno sedute alla scrivania, non è pensabile. Non può essere più visto come positivo un atteggiamento da parte degli addetti ai lavori che sia sprezzante e non calato nella realtà del personaggio che si trovano di fronte. Prima va fatta una valutazione morfologica e attitudinaria, un po’ legata, se vogliamo, anche alla storia del ‘paziente’, perché il vero istruttore è ormai una figura che si avvicina a quella di un parasanitario. La gente si accosta sempre più alla palestra non solo per avere un fisico da atleta, ma magari per riparare a dei problemi di salute avuti nel corso della vita lavorativa. Fondamentalmente quello che deve fare un istruttore o un personal trainer è capire fino a che punto si può sottoporre l’allievo a determinati carichi di lavoro e, cosa ancor più importante è che questi carichi di lavoro siano graduali e progressivi, basati anche sulla risposta che l’atleta dà a ogni tipo di sollecitazione. Se il personal dovesse vedere che un esercizio viene fatto con una sorta di reticenza, con una sorta di autodifesa quasi istintiva, è chiaro che quello è un esercizio che non va protratto”.
Negli ultimi anni si è assistito a un incremento delle palestre low cost. Quale quota dei danni di cui parlavamo è imputabile ad esse?
“Da parte delle palestre ci vuole una maggiore attenzione nell’arruolamento dell’utente e una valutazione medica approfondita, che possa vagliare molto bene gli aspetti clinici generali (apparato cardio-circolatorio, respiratorio, chiedere se il paziente è affetto da patologie importanti quali possono essere il diabete, gotta, affezioni reumatiche) e poi fare una visita attitudinaria precisa, che valuti la morfologia del paziente: una valutazione delle assialità della colonna vertebrale (scoliosi, cifosi, iperlordosi), e dell’arto inferiore (ginocchio valgo o varo, piede piatto e cavo). Chiedere al soggetto se ha avuto dei traumi, o delle fratture che hanno compromesso un’articolazione per capire se ad esempio orientarlo verso ginnastica aerobica, ossia una ginnastica protratta in carico, oppure se privilegiare ginnastica fatta da sdraiati in cui le articolazioni, se particolarmente provate, non vengono sottoposte a sovraccarichi eccessivi. Ma non si può dare la colpa solo ai personal trainer: arrivare all’ultimo mese prima delle vacanze e dire ‘io adesso voglio dimagrire’ è un errore straordinario da parte degli utenti di una palestra. Poi è importante il raziocinio nella scelta della struttura. È vero che un primo passo è avere una palestra comoda, dove non esistono alibi per non andare, però è anche giusto che la persona impari ad essere un attimino obiettiva, rivolgendosi a palestre serie dove quando entri hai l’idea, non dico di essere coccolato, ma di essere preso quanto meno in considerazione. Poi più i costi sono bassi più aumenta il rischio di trovare personale poco formato”.
Quanti dei danni che riscontrate sono irreversibili?
“Grazie al Cielo, nessuno. L’unica problematica si presenta quando una persona ha un’ernia del disco e non lo sa, e viene sottoposta a degli stress longitudinali, in pressione, potrebbe avere un’esteriorizzazione maggiore di un’ernia del disco lombare e a quel punto bisogna operarla. Però grazie al Cielo, con un intervento chirurgico si può avere una remissione pressoché completa e tornare a fare una vita normale. Possono insorgere altresì danni muscolari o tendinei che con un po’ di riposo e con la giusta terapia guariscono molto bene”.
Questo ci rincuora ma evitare di arrivare alla sala operatoria sarebbe meglio. Cerchiamo allora di capire come riconoscere istruttori e palestre da cui tenerci alla larga.
Istruttori e palestre da cui stare alla larga…
Fabio Prina**, personal trainer, Responsabile tecnico presso il centro Riabilitativo/Sportivo G.P. GYM di Mesero, ci aiuta a orientarci nel Far West del fitness.
Quali sono i criteri di selezione nella scelta di una buona palestra e nella quale possiamo aspettarci di trovare istruttori preparati?
“Condizione necessaria per trovare istruttori (anche impreparati) è che essi ci siano. Cosa che non accade spesso nelle palestre low cost. Il numero totale di istruttori in sala quindi rappresenta una utile indicazione del tipo di ambiente che stiamo per approcciare. Sono da prediligere poi quelle palestre ben attrezzate ma soprattutto colme di piccoli attrezzi come palle mediche, kettlebell, elastici, trx, foam rool, palloni posturali e quei piccoli attrezzi che prevedono una preparazione specifica del personale per il corretto utilizzo. Sono da evitare invece quelle palestre anni 90′ ancora ferme al body building e alla ghisa con macchinari obsoleti e dove quegli ingegnosi piccoli attrezzi di cui parlavo prima, verrebbero frettolosamente catalogati come ‘cavolate inutili’. Come già accennato in precedenza, una buona palestra è quella che fa l’anamnesi a ogni cliente e studia una scheda personalizzata alla storia, obiettivi e fisicità della persona. Ultimo ma utile criterio di selezione è l’analisi della clientela media che frequenta la palestra che stiamo valutando. Capire se la maggioranza dei clienti sono bodybuilder, studenti, famiglie o pensionati ci dà importanti indicazioni su come potrebbe svilupparsi il nostro percorso sportivo in questo luogo. Le palestre migliori sono quelle che hanno una clientela molto varia ma che allo stesso tempo sono organizzate con spazi e attrezzature ben distinte e specifiche per ogni fascia di clienti”.
Ci sono dei parametri rivelatori per capire quando ci troviamo di fronte a un istruttore preparato e quando a un improvvisato?
“Un buon istruttore fa tante domande e non può basarsi soltanto su quello che vede. Il corpo del cliente durante il movimento produce una miriade di feedback propriocettivi che l’istruttore non può conoscere se non facendo delle domande mirate. Dolore e fatica percepita durante l’esercizio, danno indicazioni sull’esattezza del sovraccarico e sulla corretta attivazione muscolare. Ogni cliente inoltre ha i propri obiettivi e vi assicuro che non è semplice tradurre questi obbiettivi in un programma di allenamento. Le clienti voglio essere forti ma non muscolose, i clienti voglio essere muscolosi ma hanno paura dei sovraccarichi, entrambi i sessi vorrebbero dimagrire senza sudare. Anche qui un buon trainer fa molte domande con l’obiettivo di fare chiarezza fino a rettificare gli obbiettivi del cliente e impostare il programma corretto. Chiarito questo concetto, per il resto il buon trainer parla poco: è in grado di spiegare gli esercizi velocemente, con frasi semplici e brevi, impostando l’esecuzione corretta dell’esercizio anche manipolando il corpo del cliente o mostrando l’esempio quando è necessario. Infine, la caratteristica più importante per un trainer è l’empatia. È molto importante riuscire a distinguere quando il soggetto non riesce a compiere con successo il compito motorio assegnatoli perchè si sente a disagio psicologicamente o piuttosto perchè le sue capacità fisiche e/o motorie non sono adeguate all’esercizio da compiere. In entrambi i casi il buon trainer interviene velocemente per semplificare il compito motorio, senza dare modo al cliente di sentirsi inadatto. Il buon trainer è in grado di regalare un’esperienza piacevole in palestra ad ogni cliente qualunque equilibrio psicofisico egli abbia”.
Come distinguere gli istruttori professionisti
Per concludere questo “vademecum”, vorremmo dedicare qualche riga anche ai frequentatori di corsi collettivi, nei quali, troppo spesso, non viene dedicata la giusta attenzione al singolo allievo con possibili gravi conseguenze. Ecco qualche indicazione per riconoscere un istruttore che sarebbe meglio non prendere troppo sul serio:
– L’uso degli specchi – In teoria sarebbero lì per permettere all’istruttore di trovarsi nella stessa posizione degli allievi (evitando di confonderli sull’uso di destra o sinistra) e contemporaneamente osservare l’esecuzione dell’esercizio alle sue spalle. In pratica capita che qualche istruttore vanesio li usi per rimirarsi mentre è all’opera. Se vedete che l’attenzione del vostro istruttore è rivolta più a se stesso che al gruppo, meglio cambiar corso.
– L’assenza di correzioni – Se una o più persone eseguono l’esercizio in maniera totalmente differente dagli altri, è evidente che, o la maggioranza o la minoranza, fa qualcosa di sbagliato. Un buon istruttore ha il dovere di correggere, pur senza umiliare, i “dissidenti”, per evitare che la pratica diventi nociva anzichè benefica. Se non lo fa… l’invito è sempre a cambiar corso.
– La memoria labile – Non si pretende certo che un istruttore ricordi nomi e cognomi di tutti i propri allievi, sprattutto se ne ha tanti; ma almeno dovrebbe, quando uno di questi gli espone particolari problematiche, cercare di ricordarsene e magari suggerire alternativa all’esecuzione standard dell’esercizio. La necessità sistematica di un “recall” sulla vostra problematica, denota scarsa empatia e attenzione all’allievo da parte dell’istruttore.
Secondo il Prof. Giampiero Alberti***, della Scuola di Scienze Motorie di Milano, riconoscere a colpo d’occhio un buon istruttore è complicato non solo per i profani, ma a volte per gli stessi addetti ai lavori:
“Non è sempre facile distinguere istruttore preparato da uno improvvisato. Gli esperti del settore, dovrebbero valutarne principalmente l’approccio didattico e la capacità relazionale. Però anche un istruttore che ha fatto un corso lampo può avere un buon approccio didattico, ma non le necessarie competenze e avere una buona capacità di relazione. Per questo bisognerebbe risolvere il problema per via legislativa come succede in altri Paesi. Nell’attuale situazione, l’ideale sarebbe che la palestra mettesse a disposizione, prima dell’iscrizione, i curricula degli istruttori operanti nella struttura”.
Cosa differenzia la preparazione degli istruttori che voi formate, da quella che si consegue nei corsi più o meno brevi?
“Chi fa solo un corso ha una preparazione limitata, parziale, e non ha tutte quelle competenze di base che sono necessarie, come la conoscenza approfondita dell’anatomia e della fisiologia umana. Sarebbe, ad esempio, come se ci si limitasse a insegnare a qualcuno a usare l’ago, per fare prelievi, senza prima formarlo come infermiere o come se il fisioterapista imparasse alcune tecniche senza avere la preparazione di base che gli consente di affrontare i problemi in autonomia. Una critica che ci viene rivolta è che i nostri sono preparati sia sul piano scientifico che su quello pratico ma devono ancora perfezionare l’aspetto relazionale. Tuttavia, poiché da noi vige l’obbligatorietà di svolgere dell’attività di stage, viene completato il percorso di formazione. Va anche segnalato che la nostra offerta formativa si completa con i corsi di laurea magistrali, attività che consente ai nostri allievi di sviluppare diverse competenze trasversali e, anche per questo, abbiamo immesso ‘sul mercato’ ottimi professionisti. Oggi poi si parla di stile di vita. Il laureato in Scienze Motorie, ad esempio, non deve essere un esperto di alimentazione, ma deve avere competenze di base per affiancarsi a un esperto di alimentazione per dare dei suggerimenti agli sportivi. Ma l’aspetto che differenzia i nostri laureati, è la competenza didattica differenziata per l’età evolutiva, l’età adulta e anziana e per tutte quelle persone sane che fanno attività fisica per conservare il proprio benessere funzionale”.
Prima si è parlato di Federazioni e Associazioni di categoria: sono corresponsabili di questa perdita di qualità nell’insegnamento, dal momento che riconoscono i brevetti anche a chi segue corsi di un solo week end?
“Ci sono Federazioni che fanno corsi molto rigorosi e anche gli esami sono molto seri. Altre meno. Non voglio però pensare che i corsi siano solo uno strumento per acquisire tesserati. In ogni caso questo Paese dovrebbe avere, a livello istituzionale, un progetto di cultura sportiva con delle regole precise e un’etica. E certamente va corretta l’idea che le competenze acquisita attraverso la pratica sportiva, anche agonistica, siano una sorta di garanzia per insegnare sport, soprattutto nell’età evolutiva”.
Si ringraziano per la collaborazione:
*Dott. Arturo Guarino – Direttore Struttura Complessa di Traumatologia dello Sport dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini Milano. Ex Medico Sociale del F.C. Internazionale Milano. Socio Onorario della Società Italiana di Artroscopia e S.I.G.A.S.C.O.T.
** Fabio Prina – Laurea Magistrale in Scienze Motorie, Università degli Studi di Milano – Personal Trainer esperto in Ginnastica Compensativa e Rieducazione Posturale. Responsabile tecnico presso centro Riabilitativo/Sportivo G.P. GYM di Mesero.
*** Prof. Giampietro Alberti – Presidente Collegio didattico Unico dei Corsi di Laurea Scuola Scienze Motorie – Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano.