Le salite del Giro d’Italia 2018: Gran Sasso d’Italia (Campo Imperatore)

Gran Sasso d'Italia - Campo Imperatore - Giro 2018

Diciannove anni dopo l’impresa di Pantani, il Giro torna a scalare la lunghissima salita appenninica

La nona tappa del Giro d’Italia 2018, in programma il prossimo 13 maggio riporterà la Corsa Rosa sul traguardo di Campo Imperatore, sotto il Gran Sasso d’Italia, a diciannove anni dal successo di Marco Pantani. Se di questa vittoria si parla meno di altre è perché, in quel giorno del 1999, il Pirata si arrampicò in mezzo alla nebbia senza che le telecamere potessero immortalarne in diretta l’impresa.

Fu il primo successo di una cavalcata trionfale interrotta dai test ematici di Madonna di Campiglio, un trauma dal quale il ciclismo (italiano e non) ha fatto molta fatica a riprendersi.

Quella del prossimo Giro d’Italia sarà la quinta volta della Corsa Rosa sulla montagna abruzzese. Nel 1971 vinse uno scalatore di razza, lo spagnolo Vicente Lopez Carril, mentre nel 1985 toccò a Franco Chioccioli. Quattro anni dopo, nel 1989, si impose il ciclista danese John Carlsen.

Il prossimo anno i corridori partiranno da Pesco Sannita, saliranno a Roccaraso, dopo essere passati da Popoli inizieranno una scalata lunga ben 47 chilometri. Da quota 382 metri dell’innesto con la SS 602 si salirà fino ai 2135 metri del Gran Sasso d’Italia (Campo Imperatore) passando per il Gpm intermedio di Calascio.

I 14,8 km verso Calascio hanno una pendenza media del 5,5%. Si tratta di una pendenza abbastanza pedalabile che, nella gara dei professionisti, non farà alcuna selezione se non per il gruppetto dei velocisti.

Un tratto di salita dopo Santo Stefano di Sessani0

Arrivati a quota 1190 metri, i corridori proseguiranno per altri 5,6 chilometri prima di raggiungere Santo Stefano di Sessanio, località posta a 1230 metri in cui inizia la salita vera e propria verso il Gran Sasso d’Italia. I restanti 27 chilometri sono divisibili in tre segmenti: il primo di salita pedalabile (10 km al 4%), il secondo ondulato ( 11 km con discese e salite nei quali si guadagnano appena 61 metri di quota) e il terzo di salita più impegnativa (6 km al 7,2% con un chilometro al 9,1% di pendenza media).

Chi vuole misurarsi sugli ultimi 47 km di salita della tappa deve mettere in conto di pedalare dalle 3 alle 5 ore a seconda del proprio grado di preparazione. La salita è discontinua e anche se non ci sono pendenze impossibili, il cambio di ritmo può rappresentare un handicap per coloro che non sono abituati a un sforzo così prolungato in salita.

Vediamo la parte finale della salita nel dettaglio. Da Santo Stefano di Sessanio l’ascesa procede per quattro chilometri fra il 4,6% e il 5,9%. Un chilometro di pianura permette di rifiatare e poi seguono altri 5 km in cui le pendenze sono comprese fra il 2,8 e il 5%.

Giunti a quota 1634 metri si scende per circa tre chilometri per poi affrontare un nuovo tratto di salita che non supera mai il 5% e che consente di recuperare la quota persa nella precedente discesa. Raggiunta quota 1674 metri la strada torna a scendere per un paio di chilometri. Fino a questa quota la salita è adatta ai passisti che non temono le scalate lunghe, ma negli ultimi sei chilometri l’ascesa diventa tutta un’altra storia.

Un chilometro al 6% e un altro al 5,3% fanno da preludio a mille metri con una pendenza media all’8,9%. È in questo punto che, verosimilmente, i professionisti si daranno battaglia. Il terzultimo chilometro al 7,5% e il penultimo al 9,1% sono fatti per esaltare le doti degli scalatori puri. L’epilogo fino ai 2135 metri di quota del traguardo è al 7,3%. La pendenza massima nell’ultimo tratto di salita è del 13%.

Nonostante non vi siano pendenze impossibili, la salita del Gran Sasso è comunque un arrivo esigente per la lunghezza e per il finale impegnativo. I precedenti del Giro parlano chiaro: lassù vincono scalatori di razza.

Dal punto di vista paesaggistico la salita offre delle vedute spettacolari su alcune delle aree più belle e incontaminate degli Appennini abruzzesi.

Per gli spettatori il consiglio è di assistere al passaggio dei corridori negli ultimi quattro chilometri, dove la velocità sarà inferiore e i corridori frazionati e maggiormente distinguibili!

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Giornalista e ciclista, è riuscito a far convivere le sue due passioni scrivendo di bici per numerose testate, fra cui "Ciclismo" e "L'Unità". Colleziona colli alpini ed è sempre a caccia di nuovi itinerari fra Italia, Francia e Portogallo. Ha pubblicato diversi libri fra cui "Storia del ciclismo" e "Grimpeur".
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