Colombia, una generazione di fenomeni
Da Quintana a Uran, da Bernal a Lopez, da Gaviria a Chaves ecco la generazione di corridori colombiani che ha rivoluzionato il ciclismo internazionale
In principio era Lucho, il Jardinerito, figlio di giardinieri di Cudinamarca. Fu Luis Herrera a far scoprire al mondo il ciclismo colombiano. Nel 1984, dopo aver vinto a soli 23 anni il suo terzo Clasico RCN e la sua prima Vuelta a Colombia, debuttò al Tour de France imponendosi nella tappa più ambita, quella con traguardo all’Alpe d’Huez. Dietro Laurent Fignon staccava Bernard Hinault andando a conquistare la maglia gialla che avrebbe portato a Parigi, davanti si assisteva all’epifania di Herrera e del ciclismo colombiano.
Nella seconda metà degli anni Ottanta Luis Herrera divenne il leader di un movimento capace di portare alcuni suoi corridori ai vertici del ciclismo internazionale. Nel 1987 il Jardinerito vince la Vuelta a Espana e il Presidente proclama la festa nazionale.
In Europa sbarcano i telecronisti colombiani che si fanno notare per le loro animatissime radiocronache nelle tribune stampa. Herrera vince tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta, conquista le maglie di miglior scalatore in tutti e tre i giri e quattro edizioni della Vuelta del suo paese. La sua idiosincrasia per le prove contro il tempo gli impedisce di fare meglio di un 5° posto al Tour (1987) e di un 8° posto al Giro (1992).
I colombiani che si mettono in luce a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta sono accomunati dalla capacità di far saltare il banco in salita, ma pagano troppo tempo nelle prove contro il tempo e faticano a seguire gli europei in discesa.
Fabio Parra, di due anni più vecchio di Herrera, è il primo colombiano a salire sul podio del Tour de France: 3° nel 1988 dietro a Pedro Delgado e Steven Rooks. Parra vince meno del suo illustre connazionale, ma la sua continuità è impressionante: fra il 1985 e 1992 conclude sette la Vuelta a Espana nei primi 8 della classifica generale, arrivando secondo nel 1989, ancora una volta alle spalle di Pedro Delgado.
In quegli anni si segnalano anche Alvaro Meija (4° al Tour del 1993), Oliverio Rincon (4° alla Vuelta 1993 e 5° al Giro 1995) e Nelson Cacaito Rodriguez (una tappa al Tour 1994), anche loro scalatori.
La seconda generazione è quella che si affaccia alla ribalta del grande ciclismo fra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio. Fra questi corridori spicca il nome di Santiago Botero, un potente passista che si sottrae all’etichetta dello scalatore puro che sembra accompagnare qualsiasi corridore colombiano.
Botero vince il campionato del mondo a cronometro del 2002 ed è 3° al Tour dopo aver vinto una crono e la tappa alpina con arrivo a Les Deux Alpes. C’è anche chi pensa che possa raccogliere lo scettro di Lance Armstrong, ma nel 2006 la sua carriera si perde nel labirinto dell’Operacion Puerto.
Fra la fine degli anni Novanta e i primi anni Zero si affacciano alla ribalta altri ottimi scalatori che trovano la propria consacrazione in tarda età: Hernan Buenahora e Felix Cardenas si impongono nella Vuelta a Colombia con quaranta primavere dopo essersi messi in luce per anni nelle grandi corse a tappe europee. Josè Jaime Chepe Gonzales e Freddy Gonzales sono gli altri guastatori al servizio di Gianni Savio che incendiano le grandi corse a tappe con i loro attacchi, molto spesso improficui.
Fra i talenti più cristallini c’è, senza dubbio Mauricio Soler, un colombiano alto ed elegante che, dopo avere vinto la tappa di Briançon e la maglia a pois al Tour del 2007, interrompe la carriera dopo una serie di rovinose cadute.
La terza generazione di ciclisti colombiani è quella buona? I corridori sbocciati dal 2010 in poi non sono più soltanto degli scalatori e hanno ampliato le loro ambizioni dalle vittorie di tappa alle classifiche generali. Nell’autunno 2016 Fernando Gaviria alla Parigi-Tours ed Esteban Chaves al Giro di Lombardia hanno dimostrato come la nuova generazione di corridori colombiani possa dire la sua anche nelle grandi classiche, mentre nelle ultime stagioni Nairo Quintana ha vinto una Vuelta e un Giro ed è finito per ben tre volte sul podio del Tour.
Ogni anno il più importante movimento ciclistico sudamericano sforna talenti che si dimostrano all’altezza dei palcoscenici più importanti. Ecco 12 corridori che hanno le carte in regola per far cadere altri tabù.
Nairo Quintana
La nostra rassegna non poteva che cominciare dal corridore che a 28 anni vanta già un successo al Giro e alla Vuelta e un totale di sei podi nelle grandi corse a tappe. Scalatore sublime manca un po’ di iniziativa e questo suo attendismo gli è costato il Giro del 2017 perso per appena 31”. La cronometro resta il suo tallone d’Achille anche se le sue prestazioni sono comunque al di sopra degli standard dei suoi connazionali. Al Tour sarà, insieme a Landa e Valverde, una delle punte del tridente che ambisce a interrompere il monopolio del Team Sky. La vittoria di Arosa al recente Giro di Svizzera lo annuncia in ottime condizioni di forma.

Esteban Chaves
Tanto talentuoso quanto discontinuo, Esteban Chaves è capace di strepitose performance e di apocalittiche défaillance. Nel 2016, dopo il 2° posto al Giro e il 3° posto alla Vuelta si è aggiudicato il Giro di Lombardia coronando una stagione esemplare e diventando il primo colombiano ad aggiudicarsi una classica-monumento. Dal 2017, però, la fortuna sembra avergli voltato le spalle: cadute, infortuni e défaillance gli hanno impedito di tornare agli standard che gli competono. Il successo sull’Etna lo aveva proiettato nella rosa dei candidati alla maglia rosa, ma a Roma ha concluso al 72° posto.
Egan Bernal
Questo corridore è un fenomeno. Nessun ciclista colombiano ha mai raggiunto simili livelli all’età di 21 anni. Scoperto da Gianni Savio, il corridore di Zipaquirá è passato professionista a 19 anni nell’Androni Giocattoli-Sidermec. A soli vent’anni ha portato a termine un exploit degno di nota: vincere la classifica dei giovani di sei corse a tappe e della Ciclismo Cup. I successi del 2017 nel Tour de Savoie Mont-Blanc, nel Sibiu Cycling Team e nel Tour de l’Avenir hanno suscitato l’interesse del Team Sky che lo acquistato per progettare il dopo-Froome. Nei primi sei mesi della stagione 2018 Bernal ha confermato il suo talento con una continuità di risultati davvero impressionante: 6° e miglior giovane al Tour Down Under, vincitore del campionato colombiano a cronometro, vincitore della Colombia Oro y Paz (davanti a Quintana, Uran ed Henao), 2° al Giro di Romandia (con la vittoria nella crono di Villars), 1° al Tour of California (con due successi di tappa). Va anche detto che, a fine marzo, è stato costretto al ritiro per una frattura alla clavicola nella Volta a Catalunya quando era secondo in classifica. A un mese dall’incidente era già ai livelli dei migliori sulle strade del Romandia. Il veterano Oscar Sevilla, suo compagno di allenamenti, ha detto: “Va sempre all’attacco. Si difende nelle cronometro, va bene in montagna, anche negli arrivi esplosivi. Segnerà un’epoca per il suo modo di competere. Era molto tempo che non si vedeva un corridore con le sue caratteristiche”.

Fernando Gaviria
È sufficiente vedere l’ultimo mezzo chilometro della Parigi-Tours 2016 per capire di che pasta sia fatto Gaviria, un velocista e finisseur geniale capace di imporsi nei modi più rocamboleschi. A soli 23 anni ha già vinto due mondiali su pista nell’omnium, quattro tappe al Giro 2017 e altre 28 gare fra cui spicca la già citata classica francese. Il debutto al Tour sarà un esame importante per capire quale potrà essere la sua dimensione di corridore in futuro.
Miguel Angel Lopez
Scalatore alla vecchia maniera, con notevoli margini di miglioramento e una dote che potrà permettergli di ottenere grandi risultati in futuro: la capacità di dare il meglio nella terza settimana. Nel suo curriculum ci sono una Milano-Torino, due tappe alla Vuelta a Espana 2017 (8° in classifica), la classifica generale del Giro di Svizzera 2016 e il 3° posto all’ultimo Giro d’Italia. Ha solo 24 anni e se migliora a cronometro sarà al livello dei migliori.
Rigoberto Uran
Con i suoi 31 anni è il più anziano di questa generazione di fenomeni. Sempre in prima linea nelle corse più dure e importanti del calendario internazionale vanta una lunga serie di secondi posti: nei Giri d’Italia del 2013 e 2014, nella prova olimpica su strada del 2012, al Tour de France 2017. Se la cava egregiamente nelle cronometro e sulle salite non molla mai. Andrà al Tour con l’ambizione di salire finalmente sul gradino più alto del podio.

Darwin Atapuma
Scalatore di razza spesso impiegato come gregario ha ottenuto i suoi successi più importanti in tappe del Giro del Trentino e del Giro di Polonia. Il suo miglior piazzamento in una grande corsa a tappe è il 9° posto al Giro del 2016.
Carlos Alberto Betancur
Altro scalatore di razza si è aggiudicato la Parigi-Nizza nel 2014 e il Giro dell’Emilia nel 2011. Dopo un inizio di carriera davvero promettente, il passaggio alla Movistar ne ha ridimensionati gli obiettivi, ma resta un domestique di assoluto valore.
Sergio Henao
Scalatore atipico che non disdegna le prove contro il tempo e le corse in linea, Henao ha ottenuto il successo più importante della carriera battendo Alberto Contador nella Parigi-Nizza 2017. Dal 2012 è una delle colonne portanti del colosso Sky e sono in molti i capitani che hanno alzato le braccia al cielo grazie al suo lavoro.
Jarlinson Pantano
Professionista dal 2012 ha ottenuto due importanti successi di tappa al Tour de France e al Giro di Svizzera del 2016. Non è certo un modello di estetica in bicicletta, ma è estremamente efficace ed è forse il corridore che ha ottenuto di meno in relazione al valore dimostrato in gara.
Ivan Ramiro Sosa
Fra i giovanissimi colombiani che sembrano avere le carte in regola per sfondare nel ciclismo c’è Ivan Ramiro Sosa che proprio ieri si è aggiudicato la prima edizione della Adriatica Ionica Race, inedita corsa disputatasi nel Triveneto. Il corridore della Androni Giocattoli – Sidermec ha fatto saltare il banco sull’impegnativa salita del Passo Giau e ha mantenuto la maglia di leader fino alla fine. All’inizio di giugno aveva conquistato il Cycling Tour of Bihor vincendo per distacco la tappa regina di Stana de Vale. E chissà come sarebbe finita in aprile se non fosse caduto nella discesa del Passo delle Palade al Tour of Alps: dopo la tappa dell’Alpe di Pampeago il giovane colombiano era leader davanti a Pinot, Lopez, Froome e Pozzovivo. Ad appena 20 anni, ma con una stagione e mezza di professionismo alle spalle Sosa si candida a essere uno degli assi di un movimento con un futuro radioso di fronte ed è prevedibile che le squadre del World Tour non se lo faranno scappare.
Alejandro Osorio e gli altri under 23
Il Giro d’Italia U23 conclusosi la scorsa settimana ha confermato il trend in atto negli ultimi anni: la Colombia continua a sfornare corridori da grandi salite e da corse a tappe come nessun altro movimento ciclistico al mondo. Nonostante il sesto posto finale, Alejandro Osorio è stato uno dei grandi protagonisti del Girobaby. La vittoria di tappa al Passo Manivia e la leadership riconquistata a 24 ore dal termine sono sfumate nell’ultima giornata, quella della cronometro Real Time. Cristian Camilo Muñoz si è imposto nella tappa di Asiago ed è giunto 7° nella generale, mentre Einer Augusto Rubio ha vinto la tappa con arrivo alla Malga di Dimaro.

Per almeno altri dieci anni i colombiani continueranno a dettare legge in montagna e chissà che, sul duro percorso di Innsbruck, non siano proprio le loro nazionali prof e under 23 le più attrezzate per dare l’assalto alla maglia color arcobaleno.
Foto uffici stampa Giro d’Italia U23, Tour de Suisse, Tour of California, Facebook