Carl Lewis: il mitico “Figlio del vento” in tv a Che tempo che fa

Ospite Carl Lewis Che tempo che fa

Appuntamento da non perdere con un mito dello sport: Carl Lewis domenica 5 novembre 2017 sarà ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa. I più giovani probabilmente non ricordano le sue imprese, per questo proviamo a ricordare brevemente la sua storia, per farvi capire chi è, che cosa ha fatto e perché è un personaggio leggendario dell’atletica leggera e più in generale dello sport.

Carl Lewis (il nome per esteso è Frederick Carlton Lewis) è nato a Birmingham, in Alabama, il 1° luglio del 1961 (ora ha dunque 56 anni) ed entrambi i suoi genitori erano atleti. Sua madre, Evelyn, partecipò alle Olimpiadi del 1952 e con il marito William fondò un club di atletica leggera a Wellingbro, nel New Jersey. Una leggenda che circola sul campione americano racconta che i genitori lasciassero giocare il piccolo Carl nella fossa di sabbia del salto in lungo mentre si allenavano. Insomma, era un predestinato.

A 14 anni era già il miglior saltatore in lungo del New Jersey, a 17 anni le università cominciarono a corteggiarlo, ma lui scelse la Houston University per un motivo ben preciso: lì c’era Tom Tellez, un grande allenatore di atletica, colui che poi lo portò a ottenere grandi risultati.

A 18 anni si qualificò come membro della staffetta 4×100 m alle Olimpiadi di Mosca del 1980, ma non vi partecipò come tutta la nazionale americana a causa del boicottaggio (era in piena guerra fredda).

Nel 1983 vinse tre medaglie d’oro ai Mondiali di Helsinki e così, nel 1984, a Los Angeles, fece finalmente il suo esordio olimpico, e che esordio! Conquistò subito quattro medaglie d’oro e così emulò Jesse Owens, l’uomo a cui era sempre stato paragonato e che vinse quattro ori alle Olimpiadi di Berlino del 1936.

Ma Carl Lewis era destinato a fare ancora meglio: nella sua carriera di ori olimpici ne ha raccolti ben nove, più un argento. E ai Mondiali collezionò otto ori, un argento e un bronzo. Il suo ultimo oro olimpico è stato quello del 1996 ad Atlanta, quando aveva già 35 anni ed era reduce da una lunga serie di infortuni: è stato l’unico uomo al mondo a vincere per quattro edizioni consecutive delle Olimpiadi l’oro nel salto in lungo.

Il suo record del mondo più importante è stato quello nel salto in lungo stabilito a New York il 27 gennaio 1984: saltò 8,79 metri. Inoltre ha detenuto per tre anni il record nei 100 m (9’ 86”, dal 1991 al 1994) e per 16 anni quello nella staffetta 4×100 metri.

Carl Lewis: le voci di doping

Carl Lewis era dopato? I sospetti sugli atleti così vincenti sono sempre molti e di certo il Figlio del Vento, come è sempre stato chiamato, non poteva non essere esente da dubbi di questo genere. Durante la sua carriera non è mai stato squalificato per doping, di fatto non è mai risultato positivo, ma nel 2003, quindi molti anni dopo il suo ritiro, venne rivelato che prima delle Olimpiadi del 1988 era risultato positivo a piccole tracce di stimolanti. Questa notizia lo colpì molto, tanto che una settimana dopo che venne diffusa fece un incidente andandosi a schiantare su un muro con la sua auto. Aveva bevuto e così fu condannato alla libertà vigilata con 200 ore di attività socialmente utili nel corso di tre anni, inoltre fu obbligato a frequentare gli Alcolisti Anonimi.

Sulla vicenda della positività tenuta nascosta dal Comitato Olimpico americano (insieme a quella di altri atleti), Carl Lewis si è sempre difeso sostenendo che avesse assunto quegli stimolanti (erano efedrina, pseudoefedrina e fenilpropanolamina) involontariamente attraverso prodotti omeopatici.

Dopo il ritiro, in effetti, Carl Lewis ha faticato a trovare la sua strada lontano dalla pista: ha provato un po’ di tutto, a cantare, a recitare, addirittura si è candidato come senatore del New Jersey, ma si dovette ritirare perché gli fu contestato il fatto che, nonostante la residenza in quello Stato, trascorreva più tempo in California. Poi confessò che il vero motivo per cui si era fatto trascinare in politica era stata la noia.

La rivalità con Ben Johnson e l’”antipatia”

Una pagina indimenticabile della storia dello sport è stata la finale dei 100 metri alle Olimpiadi di Seoul del 1988: il canadese Ben Johnson riuscì a battere Carl Lewis! Ma quella finale ebbe uno strascico: Johnson fu trovato positivo al doping, fu squalificato e l’oro tornò nelle mani di Carl Lewis. I due si odiavano dentro e fuori dalla pista.

In effetti Carl Lewis non è stato come Usain Bolt, per fare un esempio più recente. In patria, nonostante tutti i successi, non era idolatrato quanto, probabilmente, avrebbe meritato. Era molto più amato in Europa. Alcuni sostengono che il motivo fosse, per usare un gergo facilmente comprensibile, “che se la tirava”, i rivali sostenevano che avesse sempre una certa aria di superiorità, che fosse distaccato e arrogante. In realtà era sempre molto elegante, intelligente, sapeva parlare davanti alle telecamere, ma questo non bastò per conquistare davvero il cuore degli americani. C’è anche chi sostiene che i suoi connazionali fossero infastiditi dalla sua ambiguità sessuale, ma il suo allenatore Tom Tellez diceva che, in realtà, il vero problema era che era troppo progressista, era più avanti degli altri e questo dava fastidio. Stranamente non era molto corteggiato dagli sponsor, tanto che è diventato testimonial Nike solo da ex atleta, all’inizio degli anni 2000.

Dopo il ritiro Carl Lewis si è dedicato alle sue fondazioni benefiche e ha fatto il coach a tempo pieno (senza stipendio) per la Houston University. Nel 2009 è stato nominato Ambasciatore di buona volontà dalla FAO. È stato uno dei primi atleti (già nel 1990) a dichiararsi vegano. La sua partecipazione alla trasmissione di Fabio Fazio non è la prima nella tv italiana, lo abbiamo visto nel 2010 a Ballando con le stelle.

Foto © Twitter “Che tempo che fa”

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Giornalista professionista appassionata di sport fin da bambina. Scrivo per diverse testate nel web e sono fondatrice di Milady Magazine e Sport Folks. Ciclismo, volley e animali sono le mie più grandi passioni. Ho scritto il libro "Le ragazze che fecero l'impresa - La generazione d'oro del tennis italiano" per Ultra Sport.
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