Calcio: la migliore dieta per evitare gli infortuni
Può la dieta influenzare le prestazioni di chi gioca a calcio e causare anche ko? In questi giorni si sta parlando molto dei numerosi infortuni che hanno colpito da inizio stagione i calciatori del massimo campionato nostrano. Quando si parla di infortuni, soprattutto nel caso di quelli muscolari, si tende a dare semplicemente la colpa alla “preparazione atletica”, eppure non sempre è così, o comunque non è l’unica causa. Prova ne è che nel licenziare il suo preparatore atletico, l’allenatore del Milan, Vincenzo Montella, ha parlato di divergenze sull’alimentazione. Sì, perché quello che mangiano gli atleti è fondamentale e si ripercuote anche sulle prestazioni e sugli infortuni.
A tal proposito, il sito Gianlucadimarzio.com ha realizzato un dossier molto interessante, suddiviso in due parti. La prima volta ad evidenziare come la sfortuna non c’entri molto con la maggior parte degli infortuni; la seconda è dedicata all’alimentazione ideale per un calciatore. Chi vuole giocare a calcio, infatti, deve mangiare in maniera corretta, prediligere certi cibi e lasciarne perdere altri. Per rendere lo studio più accurato possibile, il sito del giornalista di Sky Sport ha intervistato Tiberio Ancora, preparatore atletico del Chelsea di Antonio Conte che ha risposto così alla prima domanda sull’importanza del pane e della pasta per sobbarcarsi uno sforzo fisico di 90 minuti.
“Per rispondere voglio fare una premessa doverosa, quella relativa al valore e all’incremento del VO2max, ovvero il massimo volume di ossigeno consumato per minuto. Una misura globale integrata della massima intensità di esercizio che un soggetto può tollerare per periodi di tempo abbastanza lunghi. Un parametro biologico che esprime il volume massimo di ossigeno che un essere umano può consumare nell’unità di tempo per la contrazione muscolare. In breve, più questo valore è alto nello sportivo, più l’atleta resiste alla fatica e ha maggior grado di resistenza. Attenzione però, è provato che l’allenamento può essere un fattore migliorativo solo in piccola parte”.
La domanda sorge spontanea, qual è l’altro fattore determinante per la prestazione oltre all’allenamento?
“L’alimentazione – replica Ancora – .Infatti è stato scoperto come nelle popolazioni e nelle persone che non mangiano cereali (pasta in particolare, pane e farinacei contenenti glutine), zuccheri, legumi e latticini il VO2max può aumentare addirittura del 20/30/40%, il tutto a parità di allenamento, o addirittura senza fare attività fisica. Questo senza che ci sia una differenza o un maggior stimolo muscolare. Semplicemente mangiando. Questo valore più è alto e più l’atleta avrà una prestazione forte e sana. Ovviamente un più alto livello basale di VO2max è dettato dalla genetica, ma con l’allenamento (quello giusto, pesante ma con molto riposo) allora si può alzare la soglia”.
Insomma, ci vuole giocare a calcio, deve stare attendo al livello basale di VO2max, ma soprattutto è importante che vi sia il giusto equilibrio tra dieta e riposo, così come avviene nel campionato inglese, dove forse ci si allena di meno, ma al contempo si registrano meno infortuni.
“Si dovrebbe prevedere almeno 2 volte a settimana di riposo totale – insiste il preparatore di Conte – , di stacco anche dal campo di allenamento. Non è fantascienza, è roba che fanno già in Premier League, dove guarda caso le squadre hanno meno infortuni e corrono senza sosta per tutti i 90 minuti. L’ossigeno dà la prestazione e resistenza alla fatica, e se il suo valore scende allora il muscolo va in crisi, s’indebolisce e aumenta la probabilità di infortuni, crampi e stanchezza. Il corpo quando ha una maggiore quantità di ossigeno ti dà più resistenza alla fatica, e questo – oltre al talento – è quello che fa la differenza tra un campione e un giocatore normale”.
Ottenere energia senza la pasta e i carboidrati si può: un’affermazione del genere qualche anno fa sarebbe stata tacciata di eresia, invece…
“Gli alimenti acidi (soprattutto la pasta, magari ancor più acidificata dalla classica passata di pomodoro) e gli zuccheri indeboliscono i muscoli, riducono e alterando i processi di ossigenazione. Non solo, cibi acidi e con glutine (in particole nei soggetti intolleranti/sensibili al glutine e non solo) possono rilasciare una proteina (la Zonulina) che rompere le “giunzioni serrate” nel rivestimento intestinale, creando un intestino permeabile: favorendo l’insorgere di affaticamento cronico e bloccando il passaggio dei nutrimenti buoni ai muscoli. Aumentando quindi la possibilità di infortunarsi”.
Il preparatore atletico del Chelsea, evidenzia poi quali siano gli alimenti che vanno evitati: quando la nonna ci diceva “mangia la crostata con la marmellata che ti dà energia”, non ci dava un ottimo consiglio prima di uno sforzo fisico.
“Certo. Anzitutto è una sostanza acida e con glutine (proprio come la pasta), e quindi interferisce sul valore di ossigeno nel corpo e aumenta la probabilità di debolezza. Aumentare il grado di assunzione di zucchero vuol dire che nella prestazione il corpo umano comincia ad utilizzarli come carburante preferito a discapito dei grassi. Ma il glicogeno intramuscolare, cioè la quantità di zucchero che puoi immagazzinare nel fegato e nei muscoli, ben che vada non dura più di un’ora. Motivo per cui la maggior parte delle squadre cala dopo il 60’’ del secondo tempo. Col passare dei minuti il corpo dovrebbe andare avanti utilizzando grassi e proteine, ma siccome durante l’anno l’atleta ha mangiato prevalentemente zucchero e cibi acidi non ha grassi sufficienti e crolla in bambola perché li ha consumati in poco tempo”.
Anche se in Italia ancora in molti osteggiano questa corrente di pensiero, dunque, i calciatori dovrebbero prevalentemente consumare cibi che garantiscono un importante apporto di proteine e grassi, lasciando perdere pasta, pane e latticini.
“Beh, in Italia forse è tabù dichiarare quanto segue: ovvero che le proteine e i grassi dovrebbero essere gli alimenti prevalenti nella dieta di uno sportivo e non solo, eliminando così pasta, pane farine e latticini. Semplicemente mangiando e sostituendoli col cibo che l’uomo è abituato a reperire da sempre: frutta (zuccheri comunque ricchi di minerali e con effetto alcalinizzante, non acido ma basico), carne, pesce, uova e proteine. Magari può essere buona cosa utilizzare gli zuccheri entro un’ora dalla fine della partita, con l’obiettivo di ricaricare il glicogeno perso durante la gara. Zuccheri con proteine però, dalle banane e le patate al pollo e il pesce. Oppure il riso, un carboidrato quanto meno privo di glutine. Un po’ come ha fatto Conte dalla Nazionale al Chelsea, eliminando glutine e zuccheri, aumentando così il livello di ossigeno (maggiori prestazioni e diminuendo gli infortuni). Questi alimenti naturali la natura ce li offre da sempre, soltanto negli ultimi 10.000 anni l’uomo ha introdotto l’agricoltura (per motivi non ancora ben chiari) che ha portato all’ utilizzo anche di “nuovi cibi” come i cereali, i legumi, latte e derivati, mai ingeriti in precedenza da nessun essere umano. Certo, per riconfigurare i nostri geni sui nuovi alimenti il nostro organismo dovrebbe farcela in almeno 20.000/30.000 anni, ma ci sarebbe un piccolissimo problema: ne sono passati “solo” 10.000…”.
Cosa mangiano dunque i calciatori allenati da Antonio Conte? Innanzitutto prediligono le proteine della carne e gli zuccheri della frutta, evitando quanto più possibile i carboidrati forniti dal pane e dalla pasta. Inoltre, si evitano i pasti molto abbondanti, preferendo molteplici e piccoli pasti più volte durante la giornata. A tal proposito, si porta ad esempio il caso di Leon Goretzka, centrocampista della nazionale tedesca che dopo numerosi infortuni ha cambiato dieta: ora consuma cibi privi di glutine, latticini, carne di maiale e noccioline e gli infortuni sono diminuiti di molto.