Bici elettriche: una questione di sicurezza e di etica
Nel 2016 le vendite di E-Bike sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente (+120%) ed è facile prevedere che nel 2017 il trend di crescita verrà confermato. C’è chi le usa per viaggiare e per valicare colli alpini e chi, molto più cautamente, sfrutta l’aiuto tecnologico per muoversi in città.
Un anno e mezzo fa fui superato da una signora over50 su una delle mie salite preferite: la ciclista si scusò dicendomi che quasi si vergognava nel sorpassarmi vista la fatica che stavo facendo per ascendere. Le dissi di non preoccuparsi e la salutai augurandole una buona pedalata. Quest’anno questi incontri si sono moltiplicati. Il boom delle bici elettriche è un dato di fatto e chissà che cosa succederà dopo il lancio della Pinarello Nytro, specialissima di lusso pensata per gli stradisti che non si vergognano a salire grazie al “doping tecnologico” per cui Fabian Cancellara è finito sotto i riflettori qualche settimana fa.
Chiariamo una cosa: le accuse un po’ farlocche e molto campate per aria a Cancellara riguardano un motorino invisibile inserito nel tubo verticale della bici, mentre in questa sede ci interessa parlare di bici elettriche in cui l’aiuto è perfettamente visibile.
Nello scorso mese di settembre la scalata di Punta Veleno – una delle salite più dure d’Europa, con 4 km al 16,5% nei complessivi 8 km al 12,7% di pendenza media – ha aperto alle e-bike. Accanto alla classifica dei ciclisti “tradizionali” è stata stilata una classifica delle e-bike, con il “vincitore” che è salito alla media dei 21 km/h. Considerando che il dislivello da superare era di 1016 metri, la VAM del “ciclista” è stata di 2614 m/h.
Superare i 2600 metri all’ora significa disporre di una Vam di 700-800 m/h superiore ai corridori che hanno vinto il Tour de France negli ultimi anni.
Che valore ha una classifica di questo genere?
Prodotto eccellente per il cicloturismo e per l’escursionismo, ottima per chi ha problemi di salute o per chi non può affrontare sforzi a causa di cardiopatie, la bici elettrica è un’aberrazione se inserita in un contesto agonistico. O, se vogliamo essere più precisi, non è più ciclismo.
Ma c’è una questione che è prioritaria rispetto a quella riguardante le sedi di utilizzo delle bici elettriche ed è quella della sicurezza.
Se è vero che ad andare in bicicletta si impara da bambini, è altrettanto vero che a pedalare su strada si apprende qualcosa a ogni uscita. Sono le esperienze e le risoluzioni di problemi precedenti che, a volte, ti salvano dal finire a terra.
Si migliora in discesa in maniera proporzionale a quanto si è faticato in salita. Quando salgo in cima a un colle non faccio solamente un esercizio utile a consolidare la mia forma e a potenziare la mia muscolatura per questo sforzo: nella successiva discesa imparo a gestire la bicicletta in situazioni di tensione nervosa e a pilotarla nei tornanti o sui terreni accidentati.
La maturazione come passista, come scalatore e come discesista si sviluppa in maniera parallela. Ovvio che la casualità ci si metta spesso di mezzo e che in alcuni casi anche i ciclisti più abili non possano farci nulla (vedi la chiazza d’olio che ha messo kappaò Alejandro Valverde nei primi chilometri dell’ultimo Tour de France), ma l’esperienza è il frutto di un apprendimento lento e graduale.
La bici elettrica, invece, è completamente estranea a ogni discorso sulla gradualità. In sella a una bici con un buon motore qualunque individuo di mezza età sovrappeso e senza esperienza può scalare lo Stelvio o il Fauniera diventando un pericolo per sé e per gli altri nella successiva discesa.
In altre parole, su di una bici elettrica posso improvvisarmi scalatore, ma non potrò mai improvvisarmi discesista.
Lo confermano, per esempio, i dati sull’aumento degli incidenti di ciclisti dovuti all’incremento delle E-Bike sulle strade svizzere e alcuni episodi che si sono verificati anche sulle Alpi italiane.
Secondo il rapporto SINUS 2016 l’utenza dell’E-Bike è più a rischio di quanto non si creda: nel periodo 2011-2015 le morti di “elettrociclisti” sono state 178 contro i 157 decessi di motociclisti. La statistica ha evidenziato due elementi a sfavore di chi pedala sulle E-Bike: un’età media più elevata e un minore utilizzo di protezioni.
Gli indubbi vantaggi ambientali della mobilità elettrica a due ruote e la ricaduta positiva che le E-Bike potranno avere sul settore ciclo e sul cicloturismo non devono far trascurare gli effetti sulla sicurezza stradale.
Il lavoro sulla sicurezza da parte delle aziende produttrici e le eventuali modifiche del Codice della Strada devono essere accompagnati da un’adeguata educazione a un mezzo che rappresenta una straordinaria opportunità, ma che non può e non deve diventare un surrogato deregolamentato del motociclismo.