Bici e inquinamento: quando lo smog annulla i benefici dell’attività fisica?
Nelle ultime settimane si è molto parlato dell’inquinamento atmosferico nelle metropoli del Nord Italia. A Torino e Milano i PM10 e i PM2.5 hanno raggiunto livelli record. Nel capoluogo piemontese alle alte concentrazioni di smog dovute al traffico automobilistico e, in misura minore, al riscaldamento domestico si è aggiunto il fumo proveniente dalla Valsusa e dalle altre valli interessate dai roghi.
Venerdì 27 ottobre la concentrazione dei PM10 è arrivata a 354 microgrammi/m3, quindi sette volte oltre il limite consentito di 50 microgrammi/m3.
In queste situazioni è facile farsi prendere dall’allarmismo. L’invito a chiudersi in casa giunto dall’amministrazione comunale e le limitazioni del traffico motorizzato sono soluzioni-tampone che non risolvono il problema, ma servono a prendere tempo in attesa che pioggia o vento riportino i livelli dell’aria a una qualità tale da non causare disturbi a chi la respira.
Da alcuni anni Bike Pride Fiab Torino sta lavorando per ampliare la conoscenza sui temi della ciclabilità e per far passare un messaggio: muoversi in bicicletta fa bene all’ambiente, al portafoglio e anche alla salute.
Qualcuno potrebbe obiettare che spostarsi in bicicletta in una città inquinata sia in realtà penalizzante per la salute, ma non è così.
Ci sono numerosi studi scientifici (Pope – 1991, Ostro – 1996, Verhoeff – 1996, Michaels – 2000, Schwartz – 2000) che dimostrano come chi pedala nei percorsi urbani respiri molti meno inquinanti di chi si sposta in auto.

“Senza entrare nei dettagli dei singoli studi, ci sono due elementi piuttosto evidenti emersi dalle ricerche effettuate negli ultimi anni. Il primo è che il ciclista pedala in una posizione più alta rispetto a quella dell’automobilista che respira l’aria che l’automobile convoglia dal basso, dove vi è il maggiore ristagno di polveri sottili. Il secondo elemento è che l’automobile è chiusa e diventa, quindi, una sorta di ‘gabbia’, un ambiente decisamente meno dispersivo rispetto a un veicolo aperto. È un po’ come quando prendiamo l’influenza: pensiamo che non uscire ci salvaguardi, ma, in realtà, è al chiuso che ristagnano i germi e ci si ammala” spiega Fabio Zanchetta, presidente dell’associazione Bike Pride Fiab Torino.
Che fare dunque? Zanchetta ha le idee chiare: “Il primo passo è fare una corretta informazione. Esistono da anni studi che spiegano come la bicicletta sia uno dei fulcri di una politica tesa a diminuire l’inquinamento nelle nostre città, ma il messaggio che viene passato dagli organi d’informazione continua a essere ideologizzato. Il secondo passo è implementare le infrastrutture in un modo diverso rispetto al passato. Implementare piste ciclabili, come si è fatto negli anni Novanta e negli anni Zero, è utile ma non basta più. Occorre aumentare le ciclostazioni del bike sharing, gli stalli a cui vincolare le biciclette di proprietà e le zone 30. E parallelamente agli incentivi per la ciclabilità bisogna disincentivare l’utilizzo dei veicoli motorizzati”.
Andare in bicicletta fa bene alla salute fino a quando l’inalazione delle polveri sottili non annulla i benefici dell’attività fisica. Uno studio dell’Università di Cambridge pubblicato nel 2016 ha fissato il punto di non ritorno dopo il quale l’attività ciclistica in condizioni di forte inquinamento atmosferico diventa dannosa per la salute.
Nella tabella qui sotto i minuti di attività ciclistica durante il giorno vengono messi in relazione all’esposizione a 50 microgrammi/m3 di PM2.5. Come si nota dal grafico da 0 a 75 minuti la tendenza è una diminuzione dei rischi per la salute, mentre dopo il punto di non ritorno (tipping point) i rischi cominciano a crescere fino ad annullare i benefici (breakeven point).
In condizioni di inquinamento atmosferico contenuto, quindi, spostarsi in bicicletta fa meglio che muoversi in automobile. Se consideriamo che la bicicletta è, statisticamente, il mezzo più efficiente e rapido per muoversi in tragitti fino a 5km viene da chiedersi perché la politica non continui ad incentivarne l’utilizzo come mezzo di trasporto.
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