Allenamento del ciclista: l’importanza dei numeri
Perché i dati sono così importanti per la pianificazione dell’allenamento di un ciclista?
Sin da quando, nel 1990, ho iniziato a pedalare su strada i dati sono stati una specie di ossessione. Da ragazzo ho preso l’abitudine di segnarmi su un’agenda itinerari e chilometraggi e questa operazione – che per me è sempre stata una prosecuzione del divertimento in sella – mi consente ora di avere uno storico di tutte le mie uscite, delle competizioni alle quali ho preso parte, delle salite che ho scalato, dei tempi e delle medie di percorrenza di un itinerario, dei tempi di scalata su alcune salite e dei dislivelli superati.
Poter contare su di uno storico dei chilometraggi e del “lavoro” svolto in sella è un’ottima base sulla quale costruire la propria preparazione per gli appuntamenti che contano. Nel ciclismo non c’è davvero nulla di improvvisato e soltanto con molte ore di allenamento è possibile prendere parte a prove esigenti e ricche di salite.
Quindi conoscere la strada che ci ha portato al raggiungimento di un obiettivo è il modo migliore per cercare di ripetere l’esperienza positiva “copiandone” la strategia.
I dati sono importanti anche per la correzione degli errori e per gli aggiustamenti necessari con il passare degli anni. Se quando avevo 20 anni mi erano sufficienti 600-700 chilometri per raggiungere una buona condizione di forma, ora me ne sono necessari 1000, se non 1200. Dopo i 30 anni la quota dei chilometri percorsi per anno è aumentata ed è cambiata anche la distribuzione nel corso della stagione. Fino ai 30 anni la mia stagione durava da febbraio a ottobre, oggi si svolge senza soluzione di continuità, dal 1° gennaio al 31 dicembre se le condizioni meteo e gli impegni professionali me lo consentono.
Padroneggiare i dati mi consente di programmare gli appuntamenti stagionali (che per me non sono competizioni, ma lunghe pedalate e scalate di colli alpini) e i picchi di forma.
In questa stagione, per esempio, oltre alla randonnée di inizio aprile e alla pedalata Torino-Mare di metà giugno, ho in progetto altri giri lunghi nei mesi di luglio e agosto (in mountain bike) e settembre. Rispetto alle passate stagioni in cui i picchi di forma erano solitamente due – luglio e settembre – quest’anno i picchi che ho in programma sono addirittura quattro e le forze vanno gestite cercando di ricavare dei brevi periodi di riposo attivo con intervalli di uscite a chilometraggio ridotto.
Da tre anni a questa parte ho iniziato a calcolare, oltre ai chilometri e al numero delle salite, anche il dislivello. Si tratta di un dato molto importante per valutare il lavoro specifico e la qualità delle uscite. È evidente che 100 km con 2000 metri di dislivello sono ben diversi da 100 km chilometri con 500 metri di dislivello. Ed è altrettanto evidente che lo sforzo compiuto per coprire 50 chilometri in mountain bike è ben diverso da un identico chilometraggio coperto in sella a una bici da corsa.
Ecco, quindi, sulla base della mia esperienza, i dati che si dovrebbero archiviare per la singola uscita:
1) Chilometraggio
2) Durata
3) Media oraria (al netto delle soste)
4) Dislivello
5) Itinerario (partenza, passaggi cruciali, arrivo)
6) Numero delle salite (io conto solamente quelle di almeno 2 km)
7) Eventuali tempi su salite-test
Solitamente faccio un bilancio mensile nel quale, accanto ai chilometri totali percorsi, affianco i metri di dislivello totali. Alla fine dell’anno faccio un bilancio complessivo che viene inserito nello storico generale con quattro voci (anno, chilometri, numero salite e dislivello).
Naturalmente alcuni di questi dati sono presenti in formato digitale, ma sono affezionato al mio archivio cartaceo che ogni tanto sfoglio per “rivivere” le emozioni della mia storia di ciclista.